Un' offerta all'Amore
Al
Carmelo l’anno di noviziato è l’anno più bello della vita religiosa. Al Carmelo
si viene per cercare Dio; come lo cercarono Teresa d’Avila e Giovanni della
Croce, Teresa di Gesù Bambino ed Elisabetta della Trinità. Come lo cercarono e
lo cercano tante anime, in umiltà e semplicità di cuore.
Il noviziato termina con la festa di S.
Giovanni della Croce del 1921 e, nello stesso giorno Suor Elia entra in
esercizi spirituali per prepararsi alla professione dei voti:
“Giovedì 24 novembre, festa del nostro
S. Padre Giovanni della Croce, ore 8: entrai nei santi esercizi spirituali…
sola ai piedi del mio Crocifisso Signore, lo guardai lungamente, e in quello
sguardo vidi chiara tutta la mia vita. Le lacrime gli parlavano per me”. Il Crocifisso è quello che le hanno regalato le
compagne dell’Istituto delle Suore Stimmatine.
Amare
– soffrire – immolarsi – è la sua vocazione, la vocazione propria del
Carmelo, che suor Elia condivide con tutte le sue consorelle di ogni tempo. É la
vocazione che Teresa d’Avila additò alle sue figlie come la forma più alta di
apostolato contemplativo. Quel : “Tutto
passa” viene annotato da Suor Elia e su esso riflette, tanto da scrivere: “Tutto si muta e si scolora e quasi ombra
non lascia”.
Un
suo riferimento preciso di formazione è il Castello Interiore.
Il 4 dicembre 1921, dopo un
anno di noviziato, di sperimentazione della vita religiosa, emette la sua
professione che la impegnerà a seguire Cristo nella pratica dei consigli
evangelici di obbedienza, povertà e castità, nello spirito proprio del Carmelo.
La crisi che aveva preceduto la sua vestizione è ormai un lontano ricordo.
Appare sempre più chiaro l’itinerario spirituale di Suor Elia: Dio al centro
dell’anima, perduta nell’amore di Dio che diventa il suo mondo. Quello stesso
giorno nei suoi Scritti registra un altro voto, ispirato dal modello di San
Teresa di G.B.: l’offerta di tutta se
stessa, come vittima d’amore a Gesù Ostia vivente nei nostri altari:
“Io, Suor Elia di S. Clemente offro
tutta me stessa al celeste Sposo dell’anima mia nel giorno solenne della mia
professione e gli giuro eterna fedeltà, vivendo da vera sua eletta, non
bramando quaggiù altro che il suo santo amore.
Perciò rinunzio fin da questo momento ad
ogni amore sensibile, ad ogni soddisfazione, ad ogni minimo affetto, ad ogni
gusto spirituale, per non vivere che di pura fede, amando, operando solo per
Dio, immolandomi all’ombra di un profondo silenzio, quale ostia, vittima del
suo amore, in ogni istante della mia vita”.
Le parole dette nell’anima al momento
della Santa Comunione, le porterà scritte su un foglietto di carta poggiato sul
cuore. Il foglietto termina così: “Suor
Elia di S. Clemente, Carmelitana Scalza al suo Gesù”.
Dopo la professione religiosa
e l’offerta all’Amore, incomincia un periodo tutto nuovo della vita di Suor
Elia: un periodo di lavoro interiore molto intenso, che maturerà la sua anima
per il Cielo che presentiva vicino. Lavoro intenso di Suor Elia, ma lavoro
intenso anche e soprattutto, di Dio che la condurrà per il cammino della fede.
Con le avventure che questo riserba per tutti, grandi e piccoli santi. Ed ecco
che scrive alla Madre Maestra:
“Dopo dieci mesi di fitte tenebre e di
perfetto abbandono del Cielo e della terra, dopo lunghi e terribili assalti del
nemico infernale… la mia anima ha ritrovato la sua primitiva pace, per dir
meglio, una pace intima e profonda, incrollabile ad ogni assalto… ora mi tocca
vivere di pura fede”.
È un nuovo stato di vita
spirituale: un “cielo dell’anima”. Al
posto del timore, “un coraggio e una forza che vengono solo da Dio”. Vede
l’immagine di Dio in tutte le consorelle che, dirà, non sono che un raggio del
sole divino. Vede Dio soprattutto nelle circostanze dolorose. Ogni mattina si
alza tra le quattro e le quattro e mezza: “Gesù
è solo in chiesa, vado a fargli compagnia” spiegherà alla sorella Suor
Celina. Tutti i giovedì dalle 11 a mezzanotte, fa un’ora di adorazione nel
coro. Le fa compagnia, col permesso della Madre maestra, Suor Teresa Costanza,
sua compagna di noviziato.
Suor Emmanuela, l’angelo del noviziato,
dichiara:
“Dopo la Comunione era come un vulcano…
Come “angelo”, le andavo innanzi e lei mi seguiva subito dopo; e sentivo che mi
suggeriva all’orecchio queste parole:” Per vivere di fede e di abbandono
bisogna andare a Lui, e continuava, mormorando tra sé: “Discendi nel cuor mio”(le parole del canto di Santa Teresina).
Dopo la Comunione rimaneva immobile con
gli occhi chiusi. Non si appoggiava mai alla spalliera del banco.
“La
fede ardente” che Suor Elia promette a Cristo è luce che illumina il suo
cammino:
“Lampada per i miei passi è la tua
parola,
luce per il mio cammino” (Sal 118,105).
Se non cammini per quel raggio di luce, essa non ti
illumina più e ti sperdi per la “selva oscura” della vita. È il rischio di
tutti, che bisogna sempre ricordare per fuggirlo e rimanere nella luce. Ecco
come Suor Elia si impegna con queste risoluzioni:
“Uguaglianza di umore.
Abbracciare sempre il più duro e il più
penoso.
Parlare poco con le creature e molto con
Dio
Non lasciarsi sfuggire le piccole
mortificazioni della giornata.
Cercare con santa astuzia di vivere
sempre sottomessa a tutti, anche all’ultima di casa…
Non scusarmi mai, anche quando alla
ragione pare giusto e necessario.
Dire una preghiera speciale per la
sorella che, involontariamente, mi abbia dato un dispiacere.
Cercare sempre l’ultimo posto, senza
singolarità, e nascosta in Gesù, ritenere questa grazia speciale di cui non
sono degna; perché allora lo sguardo di Gesù si posa sull’anima, quando la vede
libera e nascosta in dolce silenzio, raccolta unicamente in Lui”.
Angela Parisi ocds (4- continua)