L’ingresso al Carmelo
Il
primo incontro col Carmelo avviene verso la fine del 1919, vicino alla feste di
Natale. Dora, la sua amica Chiara e il P. Di Gioia vengono ricevuti nel
parlatorio dell’educandato. Suor Clementina si apparta un momento con Dora e le
chiede:
-
È vero che tu
vuoi essere nostra sorella?
-
Oh!, sì, se mi
accettate. È tanto bello il Carmelo!
-
Ma che ne sai, se
non vi hai ancora messo piede?
-
Sto leggendo la
vita di Suor Teresa del Bambino Gesù e me ne sono innamorata.
-
Ma il Carmelo è
sacrificio, umiliazione, nascondimento…
-
Sì, ma se tutto
questo si fa per amore, non è forse bello?
Quando si entra al Carmelo si lascia il
mondo, il mondo che si ha: povero o ricco, grande o piccolo che sia, il mondo
lo si deve sempre lasciare, perché il Carmelo è solitudine, clausura recinta da
mura, difesa da grate.
La mattina dell’8 aprile 1920 le porte
della clausura del Carmelo di via De Rossi si aprono per Dora e Chiarina che
iniziano così “il santo viaggio”: la salita del Monte Carmelo. Baciano la
soglia della casa del Signore e la porta della clausura si richiude alle loro
spalle. Chi non si da pace, al di là della grata, in parlatorio, è donna
Pasqua, la mamma.
È sera. La prima notte carmelitana. Nella
celletta un pagliericcio di foglie di granoturco su tre assi, in capo al letto,
la croce. Dalla finestra sul chiostro un cielo di stelle… e di silenzio. Passano i primi mesi di prova(probandato). Si
misura col Carmelo e il Carmelo misura la giovane recluta. Di solito il
probandato non è il periodo delle grandi prove, infatti la comunità religiosa
guarda la nuova arrivata con molta simpatia, non le affida compiti gravi, anzi
le viene incontro con molta comprensione. I rigori della regola vengono
piuttosto attenuati dal buon cuore e dalla comprensione della Madre Maestra (Madre
Maddalena, fondatrice del Carmelo con M. Angelica Lamberti).
Dora viene al Carmelo per nascondersi a
tutti, in cerca dell’oblio e di se stessa: per
perdersi nell’amore di Dio. Sa che perdersi nell’amore esige passare per la
croce. Lo sa e l’attende. E l’ora della croce non si fa attender molto. Ebbene,
dopo qualche mese, cambia tutto e il chiostro le diviene una prigione:
“Non un velo (allude al velo delle
grate) ma un muro di bronzo si elevava innanzi all’anima mia. Tutto era tenebre
fittissime per il mio spirito… Il ricordo della mia casa, l’affetto dei miei
cari, la pace del mio cuore che pareva completamente bandita. Soffermarmi in
coro, pregare in cella, rimirare il chiostro era un vero martirio. Anche in
refettorio tutto mi disgustava. Mi domandavo dov’era finita quella brama, che
mi aveva tanto tormentato, di farmi religiosa; dove lo slancio per il buon Dio…
dove l’ideale del Carmelo”.
Com’è possibile tutto questo? Cosa fa
Dora? Va dalla Madre Maestra e apre la sua anima. La Madre Maddalena l’ascolta
attentamente e, alla povera Dora, inginocchiata davanti a lei in cerca di luce,
non porta luce ma oscurità più profonda:
“Rispose che avevo sbagliato vocazione,
che era stato un vero inganno entrare al Carmelo, che il tenore della vita del
Carmelo non si confaceva all’anima mia, e che era inutile persistere
nell’errore”.
Dora, quindi, pensa di uscire. La Madre
Priora, Angelica Lamberti, non osa prendere una decisione senza prima
interpellare il Generale dell’Ordine, il quale era passato per il monastero
l’estate precedente. Il Generale, interpellato per il caso di dora, deve aver
notato differenza di pareri nella Madre Priora e nella Madre Maestra, e
conoscendo che in noviziato esiste “l’angelo”, consiglia la Madre Priora di
interpellarlo: “Prima di prendere una
decisione, interroghi l’angelo del noviziato. La suora è obbligata in coscienza
a riferire sul caso”.
L’angelo è Suor Maria
Emmanuela, la quale dice alla Madre Priora: “Nostra
Madre, dia il santo abito a Teodora, perché le darà tante consolazioni e vedrà
quale santa religiosa diventerà quell’anima”.
Al Capitolo seguente, Teodora viene
proposta per la vestizione e viene accettata a pieni voti. Ma per molto tempo la
Madre Maestra, non comprendendola, dimostrerà freddezza verso di lei. In fondo,
il desiderio di appartenere a Dio, di seguire Cristo è sempre vivo nel cuore di
Dora. La vestizione, la presa d’abito, è l’inizio della vita religiosa. Così,
la mattina del 24 novembre 1920, la postulante carmelitana Teodora Fracasso,
vestita da sposa, scende in chiesa per l’incontro con Colui che l’ha voluta per
sé. Terminata la Santa Messa, in processione, le carmelitane conducono al
vescovo la giovane sorella per l’inizio della vestizione. Viene benedetto
l’abito religioso. Si inginocchia davanti al vescovo, il quale impugna le
forbici e recide le trecce fluenti. È il 24 novembre, giorno in cui allora la
Chiesa festeggiava san Giovanni della Croce, il dottore della “notte oscura”, è
proprio lui ad introdurla nel Carmelo, a rivestirla del suo abito.
San Giovanni della Croce deve aver visto
la lotta interiore e la volontà di questa sua piccola figlia. Anche lui, quando
venticinquenne incontrò per la prima volta la Madre Teresa, stava meditando di
lasciare il Carmelo per entrare nella Certosa. La Madre Teresa parlò, e nel
cuore del “piccolo Seneca” si riaccese la speranza, che rinnovò il Carmelo e
fece di lui non solo il cantore della “Notte oscura”, ma del “Cantico
spirituale”, della “Fiamma viva d’amore”, dell’unione con Dio.
Oggi san Giovanni della Croce, prende per
mano questa bambina del buon Dio, incontrata nella “notte”; che crede
nell’amore di Dio e si fida di Lui, che cerca Dio solamente e vuole essere
dimenticata e dimenticarsi per perdersi nell’amore. Ha una sola incertezza, un
solo timore: che il Carmelo sia troppo arduo per lei, così bambina. Il Carmelo
è anche per i piccoli, o soltanto per i grandi? E attende la risposta da Dio
che le ha tracciato la via e le ha aperto le porte del Carmelo.
Da ora Teodora Fracasso si chiamerà Suor
Elia di S. Clemente (Clemente in omaggio a P. Clemente di Venezia, un venerato
padre carmelitano del tempo). Teodora – dono di Dio – prende un nome altamente
qualificante: Elia. Elia è il profeta del monte Carmelo, che visse al cospetto
di Dio; che sull’Oreb vide la gloria del Signore nel soffio del venticello
leggero. Era nello sconforto, il profeta, quando udì la voce del Signore e lo
sentì passare. Poi riprese il suo cammino, e finalmente fu rapito in cielo in
un turbine di fuoco.
La
nuova Elia, la giovane ventenne di Bari, è anche lei nello sconforto. Sta
passando per lei l’uragano ma non è il Signore, il Signore lo trova nel
silenzio, all’ombra dell’altare, ne ha respirato la presenza fin da bambina, ed
oggi Giovanni della Croce la prende per mano e la conduce, attraverso la notte,
fino al suo ultimo giorno.
Angela Parisi ocds (3- continua)