Perduta in Dio
di ANGELA PARISI ocds
«Se da oggi nel prato non sarò più né vista né trovata,dite che son smarrita, che essendo innamoratami son persa, volendo, e ho guadagnato.»(San Giovanni della Croce, Cantico, 29)
In questa strofa del Cantico Spirituale San
Giovanni della Croce spiega che l’anima vuol dire a quelli del mondo che se non
la vedranno più partecipare alle conversazioni e ai passatempi come era solita
fare prima, credano e dicano pure che ella si è smarrita e allontanata da loro;
ella lo reputa un bene così grande da desiderare di smarrirsi mentre va in
cerca dell’Amato, perché ne è innamorata. L’anima afferma che questo
smarrimento è stato per lei un guadagno e che si è perduta di sua spontanea
volontà.
Quando tanti anni fa lessi questo libro
dedicato a Suor Elia di San Clemente, appunto intitolato ”Perduta in Dio” di P.
Alessandro Paolini, ne rimasi affascinata, perché in una semplice anima come
quella di Dora prima e di Suor Elia dopo e nelle sue esperienze di Dio notavo
che aveva molto in comune con San Giovanni della Croce, santa Teresa di Gesù e
soprattutto con Santa Teresa di G.B. Il libro non è altro che la biografia di una ragazza di Bari,
sconosciuta in vita ed acclamata dopo la morte, un libro costruito utilizzando
i suoi scritti di pensieri semplici e profondi nello stesso tempo.
Suor Elia (nome poco femminile), il desiderio
di perdersi in Dio lo porta nel cuore fin dall’inizio della sua vita religiosa.
Lei stessa scrive: “L’anima come un
granellino di sabbia si perde in quell’abisso di grandezze… come una gocciolina
d’acqua si perde nell’abisso del mare”.
Ecco un nuovo fiore che spunta
nel giardino meraviglioso del Carmelo. Santa Teresa di Gesù Bambino dice in
Storia di un’anima: «Dio ha voluto creare
i grandi Santi che possono essere paragonati ai gigli e alle rose, ma ne ha
creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare di essere
margherite e violette destinate a rallegrare lo sguardo del Signore, quando
Egli si degni di abbassarlo su di loro. La perfezione consiste nel fare la Sua
Volontà. Nell’essere come vuole Lui».
Suor Elia è una nuova violetta dall’anima
pura, innamorata di Dio, la quale ha la consapevolezza di essere avvolta dal
suo immenso e luminoso Amore.
1)
La sua vita è
un volo. Un volo alla ricerca di Dio.
2)
Volo verso il Cielo. “Passo per il Carmelo; la mia patria è il Cielo”.
3) Un volo nella gioia: “Elevata al di sopra di ogni bassezza di quaggiù,
spicca il suo rapido volo verso l’azzurro… vive perduta in Dio che forma tutta
la sua felicità”.
4)
Attraverso la sofferenza, incontrata, accettata, amata.
5) Nell’oblio di tutto e di tutti: “Fa’, o mio Dio, che il lavoro dell’anima mia si
compia nell’ombra, lontano dagli sguardi, si compia nel silenzio, lontano dagli
applausi e si compia nell’oblio della mia povera persona, perché sia gradito a
te, mio Dio”.
6) Immolata per i fratelli: perché l’amore del prossimo è esigenza e riprova
dell’amore per Iddio. Una contemplativa non può essere egoista, e l’oblio è
dimenticanza di sé per donarsi a Dio e agli altri, come richiede l’amore.
Ella si dona, con l’umile gesto di chi
dona un fiore: ”Sfogliate, o mio Dio, se
vi aggrada, la mia giovane esistenza, stritolate nel dolore le più intime fibre
del mio cuore, affinché dall’abisso della mia polvere, dal mio totale
annientamento, si elevi al cielo l’incessante grido: Sitio! Ho sete, Gesù, di anime”.
Un giorno – speriamo – che la Chiesa la
proclamerà Santa; noi nel racconto della sua biografia la incontreremo come il «sorriso di Dio».
Teodora (Dora) Fracasso nasce
a Bari in un appartamento della Piazza S. Marco
il 17 gennaio 1901, da Giuseppe Fracasso e Pasqua Cenci, i quali avranno
nove figli: Prudenzina, la primogenita, Anna, morta a sei anni, Teodora, la
futura Suor Elia, Domenichina, la sorella prediletta che la segue al Carmelo
col nome di Suor Celina e Nicolino; gli altri quattro figli muoiono in tenera
età. La famiglia Fracasso è una famiglia veramente cristiana. Il 21 gennaio,
festa di sant’Agnese, Dora viene battezzata nella chiesa di San Giacomo, dallo
zio, Don Carlo Fracasso.
Riceve il sacramento della Cresima nel
1903 a due anni appena. (All’epoca era così d’uso). A casa Fracasso il
cristianesimo penetra nel tessuto della vita quotidiana: si recita tutte le
sere il S. Rosario, dove tutti, piccoli e grandi, sono riuniti e la preghiera
rende più evidente la presenza del Padre e della Madonna. Secondo la signora
Pasqua il suo primo compito è educare i figli che il Signore le ha affidati. La
mamma parla a Dora dell’anima tra i tre
o quattro anni:
«Ricordo ancora la grande impressione
che ricevetti la prima volta che sentii parlare dell’anima. Pensavo e ripensavo
alla sua bellezza e tempestavo la mamma di domande: ”Mamma, le bimbe buone
vedono l’anima loro? Tu hai mai visto la tua? Com’è? Se non faccio capricci
potrò vederla?” La mamma mi rispondeva: “Piccina mia, il velo di questo corpo
ce la nasconde. Essa è dentro di noi e solo dopo la morte potremo vederla. É
tanto bella”. I miei occhi, immobili sulle sue labbra, bevevano la luce della
verità e scolpivano il mio cuore».
La mamma le parla soprattutto di Dio,
della Madonna, e il cuore della piccina si apre al desiderio di conoscere, o meglio
vedere Dio e la Madre di Gesù, la “Mamma di tutti”,
come dice mamma Pasqua.
In un giorno di maggio forse del 1905,
quando Dora ha appena quattro anni e mezzo, fa un sogno che avrà un valore
determinante nella sua vita. È una notte di maggio, si trovano nella loro
casetta di villeggiatura in campagna. Verso l’alba la mamma viene svegliata
dalle grida di Dora: “Mamma! Non c’è più…, se l’è portato via”. Ed ecco il suo
racconto:
«Avanti alla nostra casetta, verso il viale
del cancelletto, si stendeva un vasto campo di gigli. Una giovane Signora tanto
bella, con gli occhi scintillanti come stelle, lo attraversava, portando nelle
bellissime mani una falce d’oro con la quale toccava delicatamente i gigli a
destra e a sinistra, ed essi, a quel tocco, dolcemente si chinavano sui loro
steli. Verso il termine del campo la bella Signora, deposta la falce, si è chinata,
ha strappato dalla terra un piccolo
giglio, lo ha guardato, lo ha rimirato un bel pezzo e poi… stringendolo con
amore è scomparsa».
La mamma ascolta commossa.
Terminato il racconto, solleva la bambina, la bacia affettuosamente e le dice: “Era
la Madonna che stringeva l’animuccia tua al suo cuore. Hai fatto tanti fioretti
in questi giorni del mese mariano e Lei si è fatta vedere mentre dormivi”.
Continua il racconto: «Al mattino, senza più salti né grida, cercavo di appartarmi dalla sorellina
per essere sola e ripensare alla bella Signora… Credetti di vedere in essa
un’immagine della regina del Cielo e, giungendo le mani, la pregai con le
lacrime agli occhi: Mia buona Signora come eri bella! La mamma mi ha detto che
tu sei la Regina degli Angeli, la Signora del Cielo. Come voglio bene a te ! A
te mi offro! Quando sarò grande sarò
monaca». «Era il primo atto d’amore che
il mio piccolo cuore faceva a Gesù e alla Rosa mistica».