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sabato 13 febbraio 2016

Suor Elia raccontata ai laici (1)

Perduta in Dio


di  ANGELA PARISI ocds
«Se da oggi nel prato non sarò più né vista né trovata,dite che son smarrita, che essendo innamoratami son persa, volendo, e ho guadagnato.»(San Giovanni della Croce, Cantico, 29)

      In questa strofa del Cantico Spirituale  San Giovanni della Croce spiega che l’anima vuol dire a quelli del mondo che se non la vedranno più partecipare alle conversazioni e ai passatempi come era solita fare prima, credano e dicano pure che ella si è smarrita e allontanata da loro; ella lo reputa un bene così grande da desiderare di smarrirsi mentre va in cerca dell’Amato, perché ne è innamorata. L’anima afferma che questo smarrimento è stato per lei un guadagno e che si è perduta di sua spontanea volontà.
 
     Quando tanti anni fa lessi questo libro dedicato a Suor Elia di San Clemente, appunto intitolato ”Perduta in Dio” di P. Alessandro Paolini, ne rimasi affascinata, perché in una semplice anima come quella di Dora prima e di Suor Elia dopo e nelle sue esperienze di Dio notavo che aveva molto in comune con San Giovanni della Croce, santa Teresa di Gesù e soprattutto con Santa Teresa di G.B. Il libro non è altro che  la biografia di una ragazza di Bari, sconosciuta in vita ed acclamata dopo la morte, un libro costruito utilizzando i suoi scritti di pensieri semplici e profondi nello stesso tempo.  

      Suor Elia (nome poco femminile), il desiderio di perdersi in Dio lo porta nel cuore fin dall’inizio della sua vita religiosa. Lei stessa scrive: “L’anima come un granellino di sabbia si perde in quell’abisso di grandezze… come una gocciolina d’acqua si perde nell’abisso del mare”.

     Ecco un nuovo fiore che spunta nel giardino meraviglioso del Carmelo. Santa Teresa di Gesù Bambino dice in Storia di un’anima: «Dio ha voluto creare i grandi Santi che possono essere paragonati ai gigli e alle rose, ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare di essere margherite e violette destinate a rallegrare lo sguardo del Signore, quando Egli si degni di abbassarlo su di loro. La perfezione consiste nel fare la Sua Volontà. Nell’essere come vuole Lui».

   Suor Elia è una nuova violetta dall’anima pura, innamorata di Dio, la quale ha la consapevolezza di essere avvolta dal suo immenso e luminoso Amore.

1)    La sua vita  è un volo. Un volo alla ricerca di Dio.
2)    Volo verso il Cielo. “Passo per il Carmelo; la mia patria è il Cielo”.
3)   Un volo nella gioia: “Elevata al di sopra di ogni bassezza di quaggiù, spicca il suo rapido volo verso l’azzurro… vive perduta in Dio che forma tutta la sua felicità”.
4)    Attraverso la sofferenza, incontrata, accettata, amata.
5)  Nell’oblio di tutto e di tutti: “Fa’, o mio Dio, che il lavoro dell’anima mia si compia nell’ombra, lontano dagli sguardi, si compia nel silenzio, lontano dagli applausi e si compia nell’oblio della mia povera persona, perché sia gradito a te, mio Dio”.
6)   Immolata per i fratelli: perché l’amore del prossimo è esigenza e riprova dell’amore per Iddio. Una contemplativa non può essere egoista, e l’oblio è dimenticanza di sé per donarsi a Dio e agli altri, come richiede l’amore.

     Ella si dona, con l’umile gesto di chi dona un fiore: ”Sfogliate, o mio Dio, se vi aggrada, la mia giovane esistenza, stritolate nel dolore le più intime fibre del mio cuore, affinché dall’abisso della mia polvere, dal mio totale annientamento, si elevi al cielo l’incessante grido: Sitio! Ho sete, Gesù, di anime”.

 
     Un giorno – speriamo – che la Chiesa la proclamerà Santa; noi nel racconto della sua biografia la incontreremo come il «sorriso di Dio».

     Teodora (Dora) Fracasso nasce a Bari in un appartamento della Piazza S. Marco  il 17 gennaio 1901, da Giuseppe Fracasso e Pasqua Cenci, i quali avranno nove figli: Prudenzina, la primogenita, Anna, morta a sei anni, Teodora, la futura Suor Elia, Domenichina, la sorella prediletta che la segue al Carmelo col nome di Suor Celina e Nicolino; gli altri quattro figli muoiono in tenera età. La famiglia Fracasso è una famiglia veramente cristiana. Il 21 gennaio, festa di sant’Agnese, Dora viene battezzata nella chiesa di San Giacomo, dallo zio, Don Carlo Fracasso.

     Riceve il sacramento della Cresima nel 1903 a due anni appena. (All’epoca era così d’uso). A casa Fracasso il cristianesimo penetra nel tessuto della vita quotidiana: si recita tutte le sere il S. Rosario, dove tutti, piccoli e grandi, sono riuniti e la preghiera rende più evidente la presenza del Padre e della Madonna. Secondo la signora Pasqua il suo primo compito è educare i figli che il Signore le ha affidati. La mamma  parla a Dora dell’anima tra i tre o quattro anni:

«Ricordo ancora la grande impressione che ricevetti la prima volta che sentii parlare dell’anima. Pensavo e ripensavo alla sua bellezza e tempestavo la mamma di domande: ”Mamma, le bimbe buone vedono l’anima loro? Tu hai mai visto la tua? Com’è? Se non faccio capricci potrò vederla?” La mamma mi rispondeva: “Piccina mia, il velo di questo corpo ce la nasconde. Essa è dentro di noi e solo dopo la morte potremo vederla. É tanto bella”. I miei occhi, immobili sulle sue labbra, bevevano la luce della verità e scolpivano il mio cuore».

     La mamma le parla soprattutto di Dio, della Madonna, e il cuore della piccina si apre al desiderio di conoscere, o meglio vedere Dio  e la Madre di Gesù, la “Mamma di tutti”, come dice mamma Pasqua.

     In un giorno di maggio forse del 1905, quando Dora ha appena quattro anni e mezzo, fa un sogno che avrà un valore determinante nella sua vita. È una notte di maggio, si trovano nella loro casetta di villeggiatura in campagna. Verso l’alba la mamma viene svegliata dalle grida di Dora: “Mamma! Non c’è più…, se l’è portato via”. Ed ecco il suo racconto:

«Avanti alla nostra casetta, verso il viale del cancelletto, si stendeva un vasto campo di gigli. Una giovane Signora tanto bella, con gli occhi scintillanti come stelle, lo attraversava, portando nelle bellissime mani una falce d’oro con la quale toccava delicatamente i gigli a destra e a sinistra, ed essi, a quel tocco, dolcemente si chinavano sui loro steli. Verso il termine del campo la bella Signora, deposta la falce, si è chinata,  ha strappato dalla terra un piccolo giglio, lo ha guardato, lo ha rimirato un bel pezzo e poi… stringendolo con amore è scomparsa».

     La mamma ascolta commossa. Terminato il racconto, solleva la bambina, la bacia affettuosamente e le dice: “Era la Madonna che stringeva l’animuccia tua al suo cuore. Hai fatto tanti fioretti in questi giorni del mese mariano e Lei si è fatta vedere mentre dormivi”.


     Continua il racconto: «Al mattino, senza più salti né grida, cercavo di appartarmi dalla sorellina per essere sola e ripensare alla bella Signora… Credetti di vedere in essa un’immagine della regina del Cielo e, giungendo le mani, la pregai con le lacrime agli occhi: Mia buona Signora come eri bella! La mamma mi ha detto che tu sei la Regina degli Angeli, la Signora del Cielo. Come voglio bene a te ! A te mi offro! Quando sarò grande sarò monaca». «Era il primo atto d’amore che il mio piccolo cuore faceva a Gesù e alla Rosa mistica».